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Chi di noi non ha mai sognato, guidando tra le provinciali della Toscana, di trasferirsi in una di quelle villette immerse nelle verdi colline, fantasticando di poter vivere di apicoltura, di vino, di olio o mettendo su un agriturismo o fantasie del genere?
Ogni volta che mi ritrovo i neuroni esausti a causa dell’invivibilità della capitale, utilizzo solitamente questa fantastica regione come asso nella manica per ricaricare la vista e lo spirito di energia.
Organizzo così un ulteriore fuga nella provincia di Siena, cercando di trovare un paesino che ancora non sia stato vittima delle scorribande di VAN-eggio.

Stranamente Chianciano con le sue terme risultava ancora “vergine”, per così dire. Parto sabato mattina con calma, anzi mi alzo abbastanza presto, vado a lavare, dentro e fuori il “Gran Ducato di VAN-eggio” (20 gettoni dell’autolavaggio, “ammazza” com’era sudicio) e poi dritti verso le terme di Theia.
Arrivo a Chianciano intorno alle 12:30,

…presto per le terme ma perfetto per andare a valutare i prodotti di “Bradi Toscani“,  locale ubicato poco dopo la porta del centro storico, guardando la bella “Torre dell’Orologio” con lo stemma “mediceo” si trova sulla sinistra.
Bradi Toscani offre principalmente prodotti della loro stessa azienda agricola, le produzioni sono tante e l’imbarazzo della scelta si sa, produce acquolina!

Mi concentro principalmente sui prodotti tipici della zona e vado di tagliere, con diverse possibilità di scoprire tra salumi e formaggi, il personale ci spiega bene ogni prodotto e la provenienza, se vi fermate a Chianciano con la scusa delle terme passate dai Bradi Toscani, anche se secondo la mia esperienza rientra in quei locali in cui se non ti ci misuri almeno 4-5 volte non ne percepisci l’importanza dell’azienda agricola che c’è dietro.

Anche il vino è di loro produzione, tanto il camper è parcheggiato vicino, dopo la bottiglia vado a svenirci dentro là dove si trova nel parcheggio (per inciso, col camper non azzardatevi ad entrare nella porta, fermatevi al parcheggio sotto).

Tipico di “Bradi Toscani” è l’aperitivo, sempre organizzato intorno al succulento ed invitante bancone (lo consiglio). Io mi trovavo lì in orario di pranzo ed ho approfittato della sala, per poi andare nel pomeriggio-sera alle terme ma si può fare il contrario. Sono uscito dalle terme sul tardi, ho poi dormito nel parcheggio sottostante anche se c’è una comoda area di sosta poco più giù a Chianciano.  La notte il freddo si è fatto sentire, sono andato giù di webasto (riscaldamento) ma il piumone ha fatto la sua buona parte come sempre.

L’indomani vado a visitare Montefollonico dove ogni 8 di Dicembre, grazie alla Proloco, in quella stupenda cornice della provincia di Siena, si consuma un evento che merita assolutamente uno studio profondo: “Il Vin Santo”.
Con la scusa di visitare la Valdichiana e la Val D’Orcia in camper per
l’ennesima volta, una delle zone più belle d’Italia, ne approfitto per approfondire e conoscere questo settore della viticoltura veramente di nicchia, prodotto con le tecniche che contraddistingue la produzione delle eccellenze del nostro paese; piccole produzioni ma di taglio “artigianale” e di elevatissima qualità; questo è lo specchio dell’italica cultura enogastronomica.

Montefollonico è a 567m slm tra la Valdichiana e la Val D’Orcia, frazione del comune “Torrita di Siena”, sviluppatosi intorno al XII-XIII sec. per passare intorno al 1543 sotto il dominio dei Medici. In questa piccola frazione si svolge ogni anno, come dicevo, il tradizionale evento “…lo gradireste un goccio di Vin Santo?” Nel 2018 si è consumata la 15° edizione, l’evento ha una durata di circa 4-5 giorni, dipende da come si combinano i giorni dell’anno. L’atmosfera alcolica è allietata sempre da musica e da qualche tradizionale ricetta culinaria, l’ottima ristorazione di Montefollonico promuove infatti per l’occasione numerosi piatti aventi come base il prezioso nettare ambrato. Degno di nota a Montefollonico è anche la produzione casearia del pecorino “Grande Vecchio di Montefollonico“.

Ma torniamo al prezioso nettare divino, il Vin Santo Toscano, artigianale, fatto in casa, non vuole l’aggiunta di alcunché se non di pazienza e sapere, è un prodotto sul quale non si può far reddito, per ricavare un litro di buon Vin Santo il tempo e l’uva (di solito Trebbiano e Malvasia) destinati a tale scopo hanno un rapporto sempre sfavorevole; si produce per orgoglio e tradizione senza escludere una buona dose di testardaggine.
La lavorazione ed i tempi somigliano in qualche modo a quello dell’aceto balsamico e la “madre”, dalla quale si riparte ogni anno per la nuova produzione, richiama molto la lavorazione del “lievito madre” secolare che si tramanda da generazioni in generazioni nel processo di panificazione.
Il Vin Santo è un prodotto che affonda le radici nel tessuto storico e rurale di questo territorio, a partire dal 1348.
Il controllo sul risultato finale del Vin Santo però, almeno in quello artigianale, non è propriamente nelle mani del produttore, forse più nei capricci del meteo e nell’andamento delle stagioni; è per questo che non è considerato di cattivo gusto servirsi per primi un assaggio anziché servire prima l’ospite; per testare se la bottiglia non abbia riservato sorprese, ogni bottiglia è una scoperta ed ogni bottiglia è diversa dall’altra nella medesima stagione.

Le tecniche per la produzione del Vin Santo, per chi volesse approfondire nel dettaglio, perché io non sono un esperto della materia solo un felice consumatore, sono riportate in questo esauriente articolo di ©“Ulrich Kohlmann” per ©Dissapore 

Oltre a letture varie sull’affascinante argomento ho avuto modo di approfondire il tema del Vin Santo anche grazie ad un breve scambio con un membro della giuria dell’evento, il proprietario dell’ottimo ristorante “La Botte Piena” e su questo ristorantino vorrei spendere due parole, lo sapete, i miei viaggi in camper sono anche e soprattutto viaggi enogastronomici.

Il ristorante si trova appena dentro le mura, poco dopo la “Porta Nuova”, il locale ospita su due sale, di cui una al primo piano, l’atmosfera e l’architettura è quella tipica toscana, archi in cotto, travi in legno e arredato in stile e con gusto, servizio ottimo, disponibili e gentili. Colpisce immediatamente la varietà delle bottiglie esposte in sala e la ricca carta dei vini, il menù è ben impostato, non manca il pesce, non troppi piatti per fortuna e con due soluzioni per menu fisso ben bilanciate.

Di solito opto sempre per ordinare alla carta perché ho intenzione di misurare la cucina scegliendo quello che sembra più tipico della trazione del territorio, a meno che non si abbia la fortuna, il tempo e l’intenzione di ritornare più volte fino a provare tutto (che sarebbe poi l’unico modo obiettivo di valutare l’arduo operato della cucina e l’intelligenza della gestione di un ristorante; di solito sono sempre dalla parte del ristoratore, anche perché bisognerebbe prima farsi una profonda analisi di coscienza e umilmente guadagnarsi il titolo di “clienti” prima di giudicare).
Veniamo a noi, si inizia con in tavola del pane e dell’olio, olio che non posso non sottolineare, era del 2018 ma conservava ancora quel profumo di clorofilla e flavonoidi di un olio giovane, vado a leggerne l’etichetta e ovviamente: “leccino”, in purezza; il leccino ha un carattere presente, con il pane leggermente “sciocco” come si dice in Toscana (non salato) era perfetto per far partire lo stomaco.

Si viene accolti con un entrée squisito, una vellutata di lenticchie e ricottine con senape ed erba cipollina; la vellutata di lenticchie era perfetta nella purea e nella temperatura, non sono riuscito a capire quelle foglioline cos’erano perché mi sono scivolate giù in un nanosecondo (non sono vorace di solito, anzi, anche quando ho appetito mangio lentamente e riesco a dirti di un piatto solo quando l’ho quasi finito, questo perché ritengo che l’olfatto è il 50% del gusto e finché non hai saturato la lingua, il palato e tutte le percezioni possibili della bocca non percepisci come dovresti i profumi, quindi solo dopo essere stati coinvolti a pieno dalla portata si può valutare, sempre secondo il mio soggettivo e personalissimo parere ovviamente). Anche le ricottine erano buonissime ma quelle lenticchie con quell’olio a crudo sopra gli facevano ombra.

Scelgo un classico della tradizione per i primi piatti, “Tagliatelle al ragù di cinta senese” e “Pici, cavolfiore e briciole” ottime ricette del territorio, se proprio vogliamo trovare un qualcosa si potrebbe dire che forse erano un po’ andati oltre di cottura e che un’aggiustatina di sapidità per i Pici ci stava, che avrei corretto con più acciughe piuttosto che sale, comunque buoni ma non della stessa mano di ciò che sta per arrivare per i secondi.

Sui secondi scelgo dei “Fegatelli in Rete” e “Petto d’anatra con mandarino e puntarelle“.
I fegatelli erano qualcosa di eccezionale, accompagnati con dei cubetti di cotica, adagiati su un letto di cime di rapa e avvolti nella rete (omento), veramente ottimi. Più delicato e altrettanto squisito il petto d’anatra, buona la cottura (rosa al centro) con del foie gras (non della levatura di quello che abbiamo scoperto in Francia nella Loira naturalmente ma altrettanto buono) accompagnato con una polpetta di coscia d’anatra e foie gras, bel piatto veramente.

I secondi erano ottimi, come il vino tra l’altro che abbiamo scelto: “Azzero” appunto a  zero solfiti, annata 2017.

Per riprendere il discorso d’apertura e per chiudere il tutto ho concluso questa bella esperienza gustativa con appunto del Vin Santo, sul quale mi sono fatto consigliare dall’esperto giudice, servito con i cantucci ovviamente.
Mi è anche stato offerto un secondo giro, conoscendo il costo del santissimo e prezioso liquido diamo un encomio al ristoratore.
L’azienda agricola “Isole e Olena” è una nota cantina i cui prodotti viaggiano sull’onda della qualità di questo Vin Santo DOC 2006, buonissimo, con dei profumi intensi ma bilanciati.

…e anche questa volta non sono riuscito a ordinare la “ribollita”!

Prezzo del luculliano pranzo nella norma direi, considerando il costo del vino! Se vi trovate in zona andate a salutare Simone ed Elena a “La Botte Piena” e  fatevi una bella passeggiatina in paese ad ammirare la “Torre Moreschini” del XIII sec.
P.S.: andate anche a dare una sbirciatina al sito di Cook in Tuscany.

…450km per ricaricarsi – si può fare! Godetevi questa regione stupenda ed il loro ottimo cibo 😉

Un Saluto a tutti
VAN-eggio

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